Effetto serra

Causa civile contro ENI presentata da associazioni ambientaliste (Documentazione Nazionale)

Lo scorso 9 maggio Greenpeace Italia, ReCommon e dodici tra cittadine e cittadini italiani hanno notificato a ENI S.p.A. un atto di citazione per l’apertura di una causa civile (ex articolo 2043 Codice Civile risarcimento per fatto illecito ) nei confronti della società, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (queste ultime due realtà in qualità di azionisti che esercitano un’influenza dominante sulla società) per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui ENI ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole.

L’azione rientra tra le climate litigation azioni legali avviate con lo scopo di imporre a governi o aziende il rispetto di determinati standard in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di limitazione del riscaldamento globale. A livello globale, il numero complessivo di azioni legali sul clima è più che raddoppiato dal 2015, portando il totale a oltre duemila, con un progressivo moltiplicarsi di cause presentate da cittadine e cittadini e/o da organizzazioni non governative che chiedono che vengano rispettati e messi in primo piano i diritti delle persone colpite dalla crisi climatica.

 

LE MOTIVAZIONI DELL’AZIONE LEGALE 

Nelle motivazioni della iniziativa le associazioni rilevano come sia possibile evincere il quantitativo di emissioni di ENI, accertando che questa è responsabile a livello globale di un volume di emissioni di gas serra superiore a quello dell’intera Italia, essendo così uno dei principali artefici del cambiamento climatico in atto. Il tutto in ragione del fatto che i dati che vengono utilizzati sono stati elaborati dalle stesse compagnie petrolifere, inclusa la stessa ENI. Le quali, pertanto, non possono non esserne a conoscenza. Inoltre, ENI e le altre compagnie petrolifere sono consapevoli da oltre cinquant’anni dell’impatto che le loro attività hanno sul clima, tanto da mettere in atto strategie di lobby e di greenwashing per mascherare le proprie responsabilità.

 

GLI OBIETTIVI DELL’AZIONE LEGALE

Si chiede di condannare ENI in solido con gli altri convenuti affinché limiti il volume annuo aggregato di tutte le emissioni di gas serra (e in particolare di CO2) in atmosfera, conseguenza delle sue attività, in misura tale che le emissioni vengano ridotte di almeno il 45% a fine 2030 rispetto ai livelli del 2020, e con un andamento in linea con gli scenari elaborati dalla comunità scientifica internazionale per mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi Celsius. Qualora ENI non rispetti tale obbligo, i ricorrenti chiedono una condanna al pagamento della somma che il giudice riterrà equa per violazione o inosservanza o ritardo nell’esecuzione del provvedimento.

 

LA RICOSTRUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE CHE RICONOSCE IL DIRITTO ALLA TUTELA CONTRO I MUTAMENTI CLIMATICI

Il documento di presentazione dell’azione legale riporta la principale giurisprudenza che riconosce il diritto ad essere tutelati dai mutamenti climatici:

1.preminente interesse della collettività alla graduale riduzione della componente di anidride carbonica presente nell’atmosfera” (CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Plenaria – 3 settembre 2019, n. 9 –

  1. Esistenza di un interesse pubblico a “egliminare la dipendenza dai carburanti fossili”, dando così un significativo impulso e sprone verso le fonti energetiche alternative (Corte Costituzionale sentenze n° 124 del 2010 (), 286 del 2019 (), 237 del 2020 () e 46 del 2021 ().
  2. favor del legislatore nazionale e dell’Unione Europea per il principio della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili. In questo senso è innanzitutto il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea del 25 marzo 1957, art. 194, lett. c, – cd. Trattato di Roma, secondo cui “nel quadro dell’instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell’esigenza di preservare e migliorare l’ambiente, la politica dell’Unione nel settore dell’energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a […] promuovere il risparmio energetico, l’efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili” (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con la sentenza n. 7343 del 2021 – ). 
  3. sentenza Tatar contro Romania del 2009 () la CEDU ha espressamente riconosciuto nel novero delle posizioni soggettive tutelate dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo () anche il diritto al godimento di un ambiente sano e protetto, ricavato da una lettura coordinata degli strumenti internazionali e della giurisprudenza europea ed internazionale.
  4. l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili […] contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che sono tra le principali cause del cambiamento climatico che la Comunità europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a combattere […] Va notato che tale politica è anche concepita per proteggere la salute e la vita delle persone” ().
  5. Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale, nella sentenza della Grande Sezione 9 marzo 2010, C-378/08, Raffinerie Mediterranee ERG S.p.A. et al. c. Ministero dello Sviluppo Economico et al. () nonché nell’ordinanza della Sezione VIII, 9 marzo 2010 nelle cause riunite C-478/08 e C-479/08, Buzzi Unicem S.p.A. et al. c. Ministero dello Sviluppo Economico et al. (), ha enunciato con molta chiarezza il principio secondo cui l’imputazione degli obblighi di prevenzione e di riparazione del danno ambientale, e quindi anche di messa in sicurezza e di bonifica dei siti contaminati, presuppone l’accertamento da parte dell’autorità amministrativa competente, anche sulla base di elementi indiziari, gravi, precisi e concordanti, del nesso di causalità fra il comportamento del soggetto obbligato e la produzione del danno ambientale. È evidente, allora, che la Corte di Giustizia afferma una presunzione di responsabilità dell’operatore, in presenza di indizi quali quelli descritti a titolo di esempio.

 

IL NESSO DI CAUSALITÀ: PERCHÉ ENI È RESPONSABILE

È la stessa ENI che dichiara il fatto lesivo consistito nell’emettere in ambiente annualmente, con i propri impianti e la commercializzazione di prodotti petroliferi, enormi quantitativi di gas che alimentano la crisi climatica. Il documento delle associazioni fa riferimento alla relazione finanziaria del 2022 (). 

Si veda questa scheda dalla Relazione (pagina 15) 

Così sottolinea il documento delle associazioni: “In altri termini, nel caso di specie appare possibile ritenere dimostrato il nesso causale tra la condotta emissiva di gas alteranti da parte di ENI e l’evento “cambiamento climatico” sulla base del consolidato sapere scientifico. È chiaro che ENI non è l’unica responsabile, ma anche aver contribuito come concausa non libera la società da alcuna responsabilità. Analoghe questioni di diritto sono sorte anche in sistemi giurisdizionali propri di altri Stati, allo stesso modo investiti da azioni legali inquadrabili nell’ambito del cosiddetto contenzioso climatico, in cui si poneva il medesimo problema giuridico di individuare il nesso causale tra condotta ed evento. Emblematico in questo senso è il caso “Urgenda ()”, recentemente deciso in via definitiva dalla Corte di cassazione dei Paesi Bassi con la storica sentenza del 13 gennaio 2020”. 

 

Il caso Urgenda (Paesi Bassi) si conclude affermando un principio rilevante di ordine generale come ricorda il documento delle associazioni: “il fatto che le emissioni climalteranti emesse dai Paesi Bassi fossero inferiori rispetto a quelle prodotte da altri Stati non poteva comunque cancellare l’obbligo gravante di ridurle e di prendere le dovute precauzioni per tutelare i diritti dei propri cittadini. Inoltre, continuava il giudice di primo grado, qualsiasi immissione nell’ambiente di gas serra, non importa se di minore entità, contribuisce ad aumentare il livello di CO2 nell’atmosfera e, di conseguenza, il rischio del cambiamento climatico”. 

Si riporta la traduzione del passaggio più significativo della sentenza del caso Urgenda

È un dato di fatto che il cambiamento climatico è un problema globale e quindi richiede una responsabilità globale. Come dimostrano i rapporti ‘UNEP sussiste una lacuna tra le emissioni di CO2 desiderate (al fine di raggiungere l’obiettivo climatico) e le emissioni effettive (14-17 Gt CO2)

Questa lacuna sorgerà entro il 2030. Ciò significa che devono essere prese ulteriori misure di riduzione a livello internazionale. Tutto questo obbliga tutti i Paesi, compresi i Paesi Bassi, ad attuare le misure di riduzione nella misura massima possibile. Il fatto che la quantità delle emissioni olandesi sia piccola rispetto ad altri paesi non influisce sull’obbligo di adottare misure cautelari in considerazione dell’obbligo di cura dello Stato. La riduzione delle emissioni riguarda quindi la responsabilità congiunta e singolarmente di tutti gli stati firmatari della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In considerazione del fatto che la riduzione delle emissioni olandesi è determinata dallo Stato, questo non può rifiutare eventuali responsabilità affermando che il suo contributo è minore rispetto ad altri stati.  

Pertanto, la corte conclude con l’opinione che l’unica circostanza che le emissioni olandesi costituiscono solo un contributo minore a livello globale emissioni non pregiudica l’obbligo di diligenza dello Stato nei confronti dei terzi. Peraltro, i Paesi Bassi, come gli altri paesi dell’allegato I alla Convenzione, hanno assunto un ruolo guida nell’assumere misure di mitigazione e si sono quindi impegnati a fornire un contributo più che proporzionato alla riduzione. Inoltre, è fuori discussione che le emissioni pro capite olandesi sono tra le più alte al mondo”. 

Così conclude la sentenza Urgenda sul nesso causale: “Dalle considerazioni di cui sopra, in particolare in punto 4.79, ne consegue che si può presumere che esista un nesso causale sufficiente tra le emissioni olandesi di gas a effetto serra, cambiamento climatico globale e gli effetti (ora e in futuro) sul clima di vita olandese. Il fatto che le emissioni olandesi di gas serra sono limitate su scala globale non cambia il fatto che queste emissioni contribuiscono al cambiamento climatico. La Corte ha preso in considerazione a questo proposito come anche le emissioni di gas serra olandesi abbiano contribuito al cambiamento climatico e, per loro natura, continueranno argomentazioni giuridiche possono essere ricondotte nella prima climate Litigation italiana nei confronti di ENI che, Secondo il documento delle associazioni: “le stesse argomentazioni giuridiche possono essere ricondotte nella prima climate Litigation italiana nei confronti di ENI che, a differenza dei Paesi Bassi, contribuisce al cambiamento climatico con un dato emissivo di gran lunga superiore, dato che nel 2021 ha emesso da sola più tonnellate di CO2 rispetto a quelle emesse dal resto d’Italia.”

 

IL RUOLO E LA RESPONSABILITÀ DELLO STATO, AZIONISTA DI MAGGIORANZA DI ENI

Il documento delle associazioni ricorda che:

  1. gli azionisti di controllo di ENI sono Ministero delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti, che detengono rispettivamente il 4,411% ed il 26,213% delle azioni e il bilancio di ENI è sottoposto alla verifica da parte della Corte dei Conti che ne relaziona ai Presidenti di Camera e Senato. Quindi il Governo dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria della Società
  2. l’art. 2359 c.c. “Sono considerate società controllate: … 2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria”. Il tutto con la precisazione che tale ultima disposizione è espressamente richiamata dal d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (recante approvazione del “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”) secondo cui il “controllo” è “la situazione descritta nell’art. 2359 del codice civile”.
  3. nel Comitato sostenibilità la maggioranza è di nomina MEF, così come la metà nel Comitato controllo e rischi. Entrambi sono articolazioni del CdS di ENI e si occupano della strategia climatica.

Alla luce della ricordata situazione di influenza dominante/controllo dello Stato sull’Assemblea ordinaria della Società, della nomina di due terzi dei componenti del Cda, del Presidente e dell’AD, degli enormi utili conseguiti dallo Stato attraverso la distribuzione dei dividendi (più di 5,7 miliardi di euro percepiti nel solo periodo 2016-2022, successivo all’Accordo di Parigi), la responsabilità per le emissioni climalteranti di ENI va allocata (anche) in capo al MEF e a CDP.

 

LE RICHIESTE DELLA AZIONI LEGALE DELLE ASSOCIAZIONI 

In base a ciò, si chiede al giudice:

  1. di condannare ENI in solido con gli altri convenuti affinché limiti il volume annuo aggregato di tutte le emissioni di gas serra (e in particolare di CO2) in atmosfera, conseguenza delle sue attività, in misura tale che le emissioni vengano ridotte di almeno il 45% a fine 2030 rispetto ai livelli del 2020, e con un andamento in linea con gli scenari elaborati dalla comunità scientifica internazionale per mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi Celsius. Qualora ENI non rispetti tale obbligo, i ricorrenti chiedono una condanna al pagamento della somma che il giudice riterrà equa per violazione o inosservanza o ritardo nell’esecuzione del provvedimento. 
  2. di condannare il Ministero e la CDP ad adottare al più presto una policy che definisca gli obiettivi climatici da promuovere in ENI e il loro monitoraggio e guidi in tal senso la partecipazione futura delle istituzioni pubbliche nella società. 

 

TESTO COMPLETO DEL DOCUMENTO DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE

https://www.greenpeace.org/static/planet4-italy-stateless/2023/05/e6c118f5-media-briefing-atto-di-citazione_def.pdf  

Osservatorio NewsAmbiente

Osservatorio NewsAmbiente è la rubrica di giurisprudenza ambientale a cura del dott. Marco Grondacci: con cadenza settimanale la Fondazione pubblica novità legislative nazionali ed europee che toccano temi come la gestione delle risorse e dei rifiuti, l'energia e l'inquinamento.
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